giovedì 18 febbraio 2010

That's incredible!


Il premier più inquisito e indagato del pianeta Terra ha dichiarato che vuole pene più dure per la corruzione, e ha annunciato che espellerà dal PDL chi commette reati.
Quando l'ho letto, ho portato il puntatore del mio mouse sull'orologio in basso a destra del mio monitor, volevo controllare non fosse il primo Aprile.
Invece era il 18 febbraio.

Questo personaggio è stato indagato una ventina di volte prima di scappare dalla giustizia buttandosi in politica.
Dopodichè ha inanellato una serie di leggi ad hoc per salvarsi letteralmente il culo.
E questa cosa glie lo ha reso molto difficilmente riconoscibile dalla faccia.

Per farlo ha fondato una partito con un individuo condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.

Dopodichè ha patteggiato reati fiscali e si è avvalso di decorrenze dei termini.
Dopo essere apparso con la Carfagna in un comizio dicendo che bisogna inasprire le pene per chi va a puttane, è successo il caso D'Addario e Harem di teen ager al seguito, ma secondo me il reato più grosso è stato quello di aver fatto ministro la stessa Carfagna.

In un paese normale una dichiarazione così fatta da un'individuo simile provocherebbe un'aumento vertiginoso di vendite di uova marce, pomodori, e cose simili... e un'inaudito traffico ferroviario e stradale per la via di Arcore.

Qui da noi, nelle edicole, si puo' vedere un libro intitolato "Noi amiamo Silvio".
E contrariamente alla logica più elementare, non è affatto un libro di satira.

lunedì 15 febbraio 2010

Senza Parole

Riporto una lettera pubblicata su Repubblica.
Non credo ci sia bisogno di dire altro.

"Egregio Signor Presidente del Consiglio,

le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi". Mentre il premier del mio paese d'origine, Sali Berisha, confermava l'impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un'eccezione."

Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia. Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto: rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E' solo allora - tre anni più tardi - che le incisero la sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio.

Ai tempi era una bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel puttana sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell'uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l'utero.

Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo Sole bruciato. Anni più tardi girai un documentario per la tivù svizzera: andai in cerca di un'altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E' una storia lunga, Presidente... Ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l'avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio.

In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo. In questi vent'anni di difficile transizione l'Albania s'è inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e testa alta. L'Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni gratuite. Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci.

* Elvira Dones, scrittrice-giornalista.
Nata a Durazzo nel 1960, si è laureata in Lettere albanesi e inglesi all?Università di Tirana. Emigrata dal suo Paese prima della caduta del Muro di Berlino, dal 1988 al 2004 ha vissuto e lavorato in Svizzera. Attualmente risiede negli Stati Uniti, dove alla narrativa alterna il lavoro di giornalista e sceneggiatrice.

giovedì 11 febbraio 2010

La vergogna di dirsi berlusconiani

Con Berlusconi si manifesta un singolare fenomeno, già noto ai tempi della Democrazia cristiana. Negli anni Sessanta e Settanta erano rarissimi quelli che ammettevano di votare Dc. Ma il partito del "Biancofiore, simbol d’amore" prendeva regolarmente, a ogni elezione, il 30 per cento dei suffragi. Evidentemente chi lo votava se ne vergognava.

Così è con Berlusconi. Nei bar, nelle palestre, in piscina, ai bagni o in qualsiasi altro ritrovo pubblico che raccolga un po’ di gente, nessuno, anche quando il discorso cade sul politico, dice di votare Berlusconi.

E anche fra i giornalisti, a meno che non siano i giannizzeri del Giornale, di Libero, di Panorama, e pure qui non sempre, nessuno ti dice apertamente che sta con Berlusconi. Un poco se ne vergognano, anche loro.

Ma i berluscones si smascherano in modo indiretto. Se uno ha in orrore Di Pietro, considerandolo il vero "cancro morale" di questo paese, è molto probabile che sia un berluscones. Se vi aggiunge Marco Travaglio ne hai quasi la certezza. Se ci mette anche Giorgio Bocca è matematico.

Per Di Pietro la cosa si capisce, perché è l’unico, vero, contraltare politico del Cavaliere e, per soprammercato, porta avanti il discorso della legalità. E i berluscones detestano la legalità, naturalmente quando si pretende di richiamarvi "lorsignori", per gli altri c’è la "tolleranza zero".

Sono i liberali alla Ostellino, alla Galli della Loggia, alla Panebianco, i liberali da Corriere della Sera (scriveva un indignato Panebianco ricordando l’orribile stagione di Mani Pulite: "L’opera di repressione non doveva più occuparsi prevalentemente, come aveva sempre fatto, dei ‘deboli’ e dei reietti, ma poteva rivolgersi anche ai potenti" – Corriere della Sera, 20/9/1999 – e in un altro pregevole scritto "Non parliamo d’altro che di 'corruzione', 'concussione', 'abuso di ufficio' e non ci accorgiamo dei reati di vero allarme sociale che sono quelli della microcriminalità", e ancora "La legalità, semplicemente non è, e non può essere, un valore in sé" – Corriere, 16/3/1998).

Peraltro l’orrore per il "giustizialista" (altra parola magica che smaschera il berluscones occulto) Di Pietro è un poco contraddittorio. L’intera classe politica attualmente in sella, berluscones in testa, non esisterebbe se non ci fosse stato il "giustizialista" Di Pietro. Particolarmente grottesca è l’avversione a Di Pietro degli ex Msi, ex An, oggi Pdl che, dopo essere stati espunti per decenni dalla politica con la truffa dell’"arco costituzionale", tornarono all’onor del mondo proprio grazie a Mani Pulite.

Dove sarebbe oggi, senza Di Pietro, per esempio l’onorevole La Russa, disonorevole ministro della Difesa? Sarebbe ancora nelle catacombe a fare il "cattivo maestro" di ragazzi che poi, sotto quelle suggestioni, andavano magari a rovinarsi tirando qualche bombetta (Murelli e Loi).

Travaglio è scontato. Sulla legalità ha un rigore torinese, jansenista. Sia a destra sia a sinistra per la verità, ma il berluscones non va tanto per il sottile. Quando però gli chiedi cosa rimprovera a Travaglio, farfuglia. Il massimo che riesce a dire è che "con i libri su Berlusconi ci ha fatto i soldi". Che è come dire che Sciascia non doveva fare le denunce di Todo modo perché quel libro ha venduto.

Ma il più incomprensibile, e quindi il più significativo, è Giorgio Bocca. Se in una conversazione salta fuori, per qualsiasi motivo, il nome di Bocca, il berluscones occulto cade in deliquio, fa il ponte isterico, gli viene la schiuma alla bocca e manca poco che venga preso da una crisi epilettica. Eppure Bocca è stato il primo giornalista italiano di sinistra, ma anche non di sinistra, a denunciare sul Giorno, in un memorabile reportage degli anni ‘60, che cosa fosse realmente la gloriosa Unione Sovietica.

Meriterebbe un posto d’onore nel mondadoriano e berlusconiano opuscolo "Il libro rosso degli orrori del comunismo". Invece i berluscones lo odiano. E si vedono anche delle sciacquette del giornalismo nostrano, gente che ha cominciato a scrivere editoriali, cioè temi da liceo, a vent’anni, e a trenta, non avendo fatto alcuna esperienza sul campo, non san più che dire, storcere il naso di fronte al nome di Giorgio Bocca e alla sua straordinaria carriera che gli permette, alle soglie dei novant’anni, di essere ancora perfettamente lucido sulla pagina.

"Non devo alcun rispetto a Bocca" scriveva tempo fa un pinchetto di cui non ricordo il nome, poniamo un Facci qualsiasi, mentre dovrebbe fare i gargarismi prima di pronunciare il suo nome invano. Comunque sia un indizio è un indizio. Tre indizi (Di Pietro, Travaglio, Bocca) fanno una prova.

Quindi se vi capita in casa un tipo mellifluo, che affetta equidistanza, ma quando sente i nomi di quei tre ha reazioni da demonio finito in un’acquasantiera, potete andare sul sicuro: è un berluscones doc. E cacciatelo a pedate nel culo perché non ha nemmeno il coraggio civile di essere ciò che è.

Massimo Fini
Da il Fatto Quotidiano dell'11 febbraio

mercoledì 3 febbraio 2010

Un peggiore per sembrare migliori


Quello che scrivo a seguire è uno sfogo.
Uno sfogo di chi non riesce più a tacere su quello che a parer mio è l'evidenza più solare.
La camera ha logicamente approvato il legittimo impedimento.
Logicamente, perchè ormai solo chi non vuole vedere non comprende che questo governo è un carniere di personaggi prezzolati o ricattati per fare il volere del padrone.
Bersani è intervenuto in aula, con un intervento molto apprezzato e applaudito dalla finta opposizione(il pd stesso), e dall'opposizione vera (IDV).
Dopo il lodo Schifani, il lodo Alfano, il processo breve, il legittimo impedimento, e ne dimentico sicuramente qualcuno, io non voglio nemmeno più discutere sul fatto che si tratti di riforme necessarie o di leggi ad personam.
Ormai, chi vuol vedere, vede.
Ed è proprio questo il problema.
Chi vuol vedere.
La prepotenza mediatica di quest'uomo sul nostro paese è uno sbilanciamento che con la democrazia non ha nulla a che fare, e infatti, non esiste democrazia al mondo in cui un politico abbia un simile conflitto di interessi così colossale.
Se ci fosse un'informazione normale secondo me Berlusconi non avrebbe mai vinto le elezioni.
La cosa da mettersi a piangere è che una simile disparità non sarebbe stata possibile nemmeno in Italia.
Bersani, che oggi si è aspramente opposto a questo ennesimo stupro della nostra Repubblica, dovrebbe saperlo, visto che è grazie agli uomini che oggi fanno parte del PD che Berlusconi è potuto scendere in politica, nel 1994.
Hanno infatti concesso ad un individuo che non poteva fare politica di farla.
E non perchè hanno sopravvalutato l'intelligenza media degli Italiani, no!
Perchè solo grazie ad un pessimo politico come Berlusconi loro stessi sono potuti stare a galla.
Per far si che uomini come D'Alema potessero avere una poltrona così a lungo, avevano necessità che dall'altra parte ci fosse uno peggiore.
Se al centrodestra ci fossero persone oneste, il centrosinistra attuale probabilmente non sfonderebbe la barriera del 4%.
Non avevano calcolato probabilmente il potere dei media, cosa che invece Licio Gelli, padre della P2 nella quale Berlusconi è stato iscritto, decantava già qualche lustro fa.
Ora si indignano (o fanno finta, chissa...) che uno con un curriculum come Silvio, fatto accomodare nella più prestigiosa poltrona del Paese, si faccia i cazzi suoi.
Ingenui... o forse no.